Sabato arriva l’Inter. Una grande partita contro una grande squadra. Qualcuno dirà per fortuna, perché è innegabile che dopo le prime entusiasmanti partite dell’era Ballardini ora il Palermo sia in un periodo sicuramente non positivo, e non esiste un impegno più adatto di quello contro una squadra come l’Inter per tentare il riscatto alla grande. A ciò si aggiunge un dato di fatto, quello che il Palermo riesce a fare meglio contro le grandi che contro le piccole. Le motivazioni sono diverse: oltre alla semplice questione psicologica secondo cui i rosanero sarebbero nettamente più motivati dallo scontro con una grande piuttosto che con una piccola, la questione tattica spiega meglio la situazione critica rosanero.
Ad oggi il Palermo non riesce ad imporre il gioco contro le piccole mentre gioca superbamente contro le grandi: l’impressione è che questa squadra punga contro le grandi poiché l’ormai proverbiale gioco d’attesa Ballardiniano ha sicuramente più effetti contro chi è abituato a fare le partite, a prepararle minuziosamente l’aspetto offensivo poiché costretto a far risultati e gioco in ogni partita a costo di curare meno in settimana l’aspetto difensivo. Contro le piccole, che d’altro canto studiano maggiormente gli aspetti difensivi per portar via anche un punticino, il gioco d’attesa si rivela fin troppo capace di concedere palle gol a squadre dotate di decente ma solitamente inoffensivo attacco (Reggina e Chievo non fanno testo) e non sortisce effetti a meno che il Palermo non si porti in vantaggio per primo e costringa le suddette piccole ad attaccare e scoprirsi. Altrimenti, si entra in un girone infernale dove si concede troppo e spesso le iniziative offensive contro difese coperte più di un bambino influenzato in inverno sono inefficaci e assolutamente prevedibili.
La prevedibilità della manovra rosanero è un altro aspetto che è venuto prepotentemente alla luce nelle ultime gare. I capisaldi della filosofia di Ballardini sono sembrati traballare nelle ultime gare per più motivi, principalmente dovuti proprio alla filosofia del mister. Il principale capo di accusa verso il tecnico ravennate è sicuramente lo scarso e mal gestito uso del turnover: se per gli esterni difensivi le colpe stanno in scelte discutibili in sede di mercato (Raggi spacciato per un terzino destro, troppa fiducia in Balzaretti non inserendo una credibile alternativa a sinistra), a centrocampo e in particolare in attacco forse ci si poteva sforzare di più, ad esempio provando Lanzafame dietro le punte al posto di Simplicio, provare Succi che non corre quanto Cavani ma comunque sa fare movimento o giocare con un attacco più statico inserendo un Budan utilizzato poco nelle ultime gare. Alla fine poche scelte alternative sono arrivate e la squadra comincia a sentire il peso delle troppe partite dal punto di vista fisico: ecco allora che il pressing non è più alto come prima, le verticalizzazioni rapide scarseggiano o arrivano troppo in ritardo, la spinta sulle fasce manca perché Cassani e Balzaretti non riposano mai e sembrano avvertire la fatica.
Ecco l’Inter dunque, arriva la possibilità di riscattarsi: ma è giusto non contare solo sulla grandiosità dell’avversario, ma provare nuove soluzioni tattiche. Il Palermo d’attesa andrà bene con le grandi, non con le piccole: è il momento di cambiare i pezzi del puzzle, di rendere imprevedibile una squadra che ormai troppo spesso si rassegna a cercare la luce nel grigiore offensivo affidandosi totalmente a Miccoli o a qualche giocata brillante di Simplicio, dichiarando per il resto agli avversari la propria sterilità. Ballardini è stato fantastico nell’interpretare la prima grande rivoluzione rosanero, ora per fare un ulteriore salto di qualità e non rischiare l’esonero (si sa com’è fatto Zamparini) deve completare un’opera che si è rivelata incompiuta: perché come disse Louis de Saint-Just “Coloro che fanno una rivoluzione a metà non hanno fatto altro che scavarsi una tomba.”.
Ad oggi il Palermo non riesce ad imporre il gioco contro le piccole mentre gioca superbamente contro le grandi: l’impressione è che questa squadra punga contro le grandi poiché l’ormai proverbiale gioco d’attesa Ballardiniano ha sicuramente più effetti contro chi è abituato a fare le partite, a prepararle minuziosamente l’aspetto offensivo poiché costretto a far risultati e gioco in ogni partita a costo di curare meno in settimana l’aspetto difensivo. Contro le piccole, che d’altro canto studiano maggiormente gli aspetti difensivi per portar via anche un punticino, il gioco d’attesa si rivela fin troppo capace di concedere palle gol a squadre dotate di decente ma solitamente inoffensivo attacco (Reggina e Chievo non fanno testo) e non sortisce effetti a meno che il Palermo non si porti in vantaggio per primo e costringa le suddette piccole ad attaccare e scoprirsi. Altrimenti, si entra in un girone infernale dove si concede troppo e spesso le iniziative offensive contro difese coperte più di un bambino influenzato in inverno sono inefficaci e assolutamente prevedibili.
La prevedibilità della manovra rosanero è un altro aspetto che è venuto prepotentemente alla luce nelle ultime gare. I capisaldi della filosofia di Ballardini sono sembrati traballare nelle ultime gare per più motivi, principalmente dovuti proprio alla filosofia del mister. Il principale capo di accusa verso il tecnico ravennate è sicuramente lo scarso e mal gestito uso del turnover: se per gli esterni difensivi le colpe stanno in scelte discutibili in sede di mercato (Raggi spacciato per un terzino destro, troppa fiducia in Balzaretti non inserendo una credibile alternativa a sinistra), a centrocampo e in particolare in attacco forse ci si poteva sforzare di più, ad esempio provando Lanzafame dietro le punte al posto di Simplicio, provare Succi che non corre quanto Cavani ma comunque sa fare movimento o giocare con un attacco più statico inserendo un Budan utilizzato poco nelle ultime gare. Alla fine poche scelte alternative sono arrivate e la squadra comincia a sentire il peso delle troppe partite dal punto di vista fisico: ecco allora che il pressing non è più alto come prima, le verticalizzazioni rapide scarseggiano o arrivano troppo in ritardo, la spinta sulle fasce manca perché Cassani e Balzaretti non riposano mai e sembrano avvertire la fatica.
Ecco l’Inter dunque, arriva la possibilità di riscattarsi: ma è giusto non contare solo sulla grandiosità dell’avversario, ma provare nuove soluzioni tattiche. Il Palermo d’attesa andrà bene con le grandi, non con le piccole: è il momento di cambiare i pezzi del puzzle, di rendere imprevedibile una squadra che ormai troppo spesso si rassegna a cercare la luce nel grigiore offensivo affidandosi totalmente a Miccoli o a qualche giocata brillante di Simplicio, dichiarando per il resto agli avversari la propria sterilità. Ballardini è stato fantastico nell’interpretare la prima grande rivoluzione rosanero, ora per fare un ulteriore salto di qualità e non rischiare l’esonero (si sa com’è fatto Zamparini) deve completare un’opera che si è rivelata incompiuta: perché come disse Louis de Saint-Just “Coloro che fanno una rivoluzione a metà non hanno fatto altro che scavarsi una tomba.”.
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